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La cattedrale metropolitana primaziale della Santa Vergine Maria Assunta, nota semplicemente come cattedrale di Palermo, è il principale luogo di culto cattolico della città di Palermo e sede vescovile dell’omonima arcidiocesi metropolitana. Dal 3 luglio 2015 fa parte del Patrimonio dell’umanità (Unesco) nell’ambito dell’ Itinerario Arabo-Normanno di Palermo, Cefalù e Monreale”.
Santa Vergine Maria Assunta in Cielo
La Cattedrale metropolitana di Palermo è dedicata alla Santa Vergine Maria Assunta in Cielo.[2] La patrona della città è Santa Rosalia cui è dedicata la Cappella meridionale posta nell’abside minore del transetto destro. Importantissimo è il culto che Palermo e la Sicilia tributano alla Vergine Maria, venerazione che trova fondamento nel rapporto epistolare tra l’ambasceria del Senato Messinese e Maria Madre di Gesù Cristo, Madre di Dio, Madre della Chiesa, secondo il dogma Theotókos formulato dal Concilio di Efeso e riaffermato da alcuni principii del Concilio di Nicea I. Legame rafforzato dall’opera evangelizzatrice degli Apostoli, San Pietro e San Paolo nei rispettivi transiti in terra sicula. In tutte le accezioni è Patrona delle principali città dell’isola, Patrona Principale del Regno delle Due Sicilie e attuale Patrona della Sicilia, a lei sono dedicate la maggior parte delle Cattedrali e numerosi luoghi di culto.
Con Gualtiero Offamilio la cattedrale è dedicata all’Assunzione della Vergine rappresentata in tre diverse iconografie: una è la Dormizione della Madre di Dio o «Koimesis tes Theotokou» o «Dormitio Virginis», che appartiene alla tradizione bizantina, le altre due appartenenti alla tradizione latina : l’Assunzione e l’Incoronazione in cielo.
- ) Nella prima, la Vergine Maria è rappresentata sul letto di morte, circondata dagli apostoli e una bambina, che simboleggia l’anima pura di Maria pronta a salire al cielo. Questa iconografia è spesso rappresentata anche da artisti latini con il titolo di Dormitio Virginis, fino all’attuazione delle disposizioni della riforma del Concilio di Trento (1545 – 1563). Raffigurazione mirabilmente ripresa e illustrata nel “teatrino” marmoreo, opera di Antonello Gagini, dove i Sette Arcangeli aprono il corteo processionale, uno di essi conduce per mano una bambina, gli Apostoli trasportano e seguono la lettiga.
- ) Assunzione: la tradizione iconografica della Chiesa Latina rappresenta la Vergine in preghiera ascendente verso il cielo in un cerchio di nuvole e circondata, sorretta e quasi trasportata dai Sette Arcangeli.
- ) Incoronazione: la rappresentazione raffigura la Vergine insieme a Gesù Cristo seduti su due troni in cielo tra le nuvole e angeli, nel momento in cui il figlio cinge con una corona il capo della Madre.
L’Angelo Custode e i Sette Angeli che accompagnano l’Assunzione sono elementi iconografici comuni alla topografia delle immediate adiacenze della cattedrale: la chiesa e Monastero dei Sette Angeli, la strada e la Chiesa dell’Angelo Custode.
Sulla facciata occidentale, accoglie il pellegrino la “Madonna del Tocco” o “Madonna della Porta“, allegoria della Vergine Maria quale porta d’accesso a Dio. La “Madonna della Luce“, poi più comunemente nota in Sicilia come Madonna del Lume, verosimilmente un derivato della Vergine Odighitria bizantina, che è colei che indica la via, la direzione, la “Santa Maria del Cammino”. Riconducibile nella tradizione siciliana alla Madonna del Lume, identificabile e configurabile nella protettrice dei viaggi via mare, dei porti, dei fari. Immediato il collegamento con l’alta torre di segnalazione – odierno campanile – posta davanti al duomo, incastonata nella cerchia delle mura difensive della città. La Vergine Maria: “luce”, “faro”, “via”, “rivelazione della meta” nel cammino terreno del credente lungo la strada verso il vero compimento.
Santa Rosalia
Nel 1130 nasce Rosalia de’ Sinibaldi, il cui nome è la contrazione latina di Rosa Lilia, figlia del conte Sinibaldo dei Sinibaldi, vassallo del re normanno Ruggero II, il quale per i servizi resi, gli affida i feudi di Quisquina e del Monte delle Rose. Sinibaldo discendente dai Conti Marsi e da Carlo Magno alla dodicesima generazione. La madre Maria Guiscardi, nipote di Ruggero II è una nobildonna normanna.
Per estrazione, educazione, cortesia, regalità e bellezza, Rosalia diviene damigella d’onore e dama di compagnia della regina Margherita di Navarra e di Sicilia, figlia del re García IV Ramírez di Navarra e moglie di Guglielmo I di Sicilia, figlio di Ruggero II. La giovane Rosalia si forma e matura presso la corte regale, nella splendida cornice di Palazzo dei Normanni, a pochi passi dalla primitiva Cattedrale bizantina, futuro teatro della grande ricostruzione Gualtieriana, divenendo spettatrice di eleganti e sontuosi eventi mondani.
Sposa promessa del conte (o principe) Baldovino, cavaliere distintosi per aver salvato dalle fauci di un leone re Ruggero II, Rosalia preferisce la vita monastica e la solitaria contemplazione. Già da fanciulla dedica gran parte del tempo alla preghiera sia nella casa paterna all’Olivella, sia nel Palazzo dei Normanni. La giovane , dopo l’iniziale noviziato presso il monastero di Santa Maria La Dorata (attuale Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, parrocchia di San Nicolò dei Greci, altrimenti nota come La Martorana), si rifugia nel monastero del Santissimo Salvatore come seguace dell’ordine basiliano di rito greco. Oppressa dai genitori e dal promesso sposo, dopo due anni abbandona anche le spartane comodità del monastero cittadino. Comincia la sua esperienza di eremitaggio nei boschi di Palazzo Adriano per poi rifugiarsi sul Monte Quisquina, all’interno di una spelonca, dove scrisse un’epigrafe in latino, vivendo da anacoreta, ricevendo assistenza religiosa dalla locale comunità basiliana. Dopo un isolamento di circa dodici anni, trascorre un altro lungo periodo in una grotta di Monte Pellegrino di Palermo, presso una preesistente chiesa bizantina retta da monaci benedettini, dove visse per otto anni, concludendo in contemplazione la vita terrena il 4 settembre 1170.
Per la condotta esemplare è considerata santa già in vita e seppur non riconosciuta, fu oggetto di culto con l’edificazione di numerose chiese a lei dedicate. Dopo oltre quattro secoli il culto lentamente affievolisce al punto che il suo nome non è più invocato nelle litanie dei Santi Protettori di Palermo fino ai primi anni del XVII secolo. Con la peste del 1624, che imperversa nell’Italia di allora con due diversi flussi di contagio: incontrollate ondate migratorie al settentrione determinano la peste di San Carlo Borromeo, scambi commerciali con paesi ove contrabbandavano ciurme di pirati infetti al meridione, la figura di Rosalia torna in auge, in un contesto alimentato da mito e leggenda, storia e rivelazioni, sogni e scienza, umana rassegnazione e cristiano affidamento, devozione e intelletto, prudenza e circospezione.
La data del 7 giugno 1624 è ricordata per la propagazione della peste dovuta allo sbarco alla Cala di una nave carica d’infettati a bordo proveniente da Tunisi via Trapani. Il 15 luglio 1624 si registra il ritrovamento del corpo di Santa Rosalia coincidente con l’affievolimento dei focolai di peste. Il 27 luglio 1624 Curia e Senato di Palermo proclamano Rosalia Patrona e Protettrice della città, decretano il primato sulle compatrone dei quattro mandamenti storici Santa Cristina, Santa Oliva, Santa Ninfa e Sant’Agata e su San Rocco fervidamente invocato durante l’epidemia del 1575. Il 15 luglio 1625 si svolge il primo Festino in onore di Santa Rosalia.
Il 26 gennaio 1630, Papa Urbano VIII, con lo Scriptam in Coelesti inserisce Rosalia nel Martirologio Romano, fissando l’origine palermitana, di stirpe reale facendola risalire a Carlo Magno, con la paternità di Sinibaldo de’ Sinibaldi e la maternità di Maria Guiscardi, nipote di re Ruggero II.
Un buon numero di pitture della Santuzza realizzate tra il XIII e il XIX secolo, sono raccolte nella sala Verde del museo diocesano che si trova nell’adiacente Palazzo Arcivescovile. Tra queste la presunta prima icona del XIII secolo che la raffigura in abiti di monaca basiliana.